Scheda malattia

Epatoblastoma (HB)

L’epatoblastoma (HB) è un tumore embrionale che si ritiene origini dai precursori degli epatociti (epatoblasti) che riproducono le fasi dello sviluppo del fegato, manifestando una combinazione di patterns istologici. L’HB è il tumore epatico più comune in età pediatrica ed è in genere diagnosticato durante i primi 3 anni di vita.

EPIDEMIOLOGIA

L’incidenza sembra stia aumentando gradualmente, con un tasso attuale di 1.2 – 1.5 casi/milione di bambini/anno.
Poiché è stato osservato che prematurità e basso peso neonatale sono associati ad un aumentato rischio di comparsa tardiva dell’epatoblastoma, si ritiene che l’aumento di incidenza di tale tumore possa essere in relazione proprio all’aumento di tali pazienti (Spector 2012).
Il meccanismo esatto non è conosciuto, ma si ritiene possano giocare un ruolo fondamentale l’ossigenoterapia, vari farmaci, la nutrizione parenterale totale e la necessità di numerose radiografie.

EZIOLOGIA

Nelle casistiche più importanti pubblicate in letteratura, l’età media alla diagnosi varia da 12 a 21 mesi. Occasionalmente, l’HB viene diagnosticato in epoca neonatale e talvolta anche in epoca prenatale (Perilongo 2009, Zriros 2010).
Nella maggior parte dei casi è sporadico ma in molti casi il tumore può essere associato ad anomalie genetiche costituzionali, malformazioni e sindromi tumorali familiari – sindrome di Beckwith-Wiedemann, adenomatosi poliposa familiare – (Thomas 2003, Cohen 2005).

QUADRO CLINICO

I bambini con l’epatoblastoma in genere presentano una massa addominale e, raramente, sintomi di addome acuto dovuti a rottura della massa con emorragia intra-addominale (Chan 2002).
Anche l’ittero è un sintomo raro. Gli esami di funzionalità epatica sono normali, ma una trombocitosi, relativa alla produzione di trombopoietina da parte delle cellule tumorali, è presente in circa il 50-60% dei pazienti (Komura-Naito 1997).

INDAGINI DIAGNOSTICHE

Il test di laboratorio più importante per la diagnosi di HB è l’alfa feto-proteina sierica (AFP) che è aumentata in più del 90% dei casi.
L’AFP è molto elevata alla nascita e diminuisce progressivamente durante i primi mesi di vita, raggiungendo livelli normali all’età di 8 mesi (Blohm 1998): quindi, nei bambini di età inferiore ad 1 anno può essere difficile distinguere una secrezione fisiologica di AFP dai reali alti livelli dovuti al tumore.
I pazienti con AFP inferiore a 100 mg/dL presentano in genere prognosi cattiva.
L’ecografia è l’esame radiologico più semplice ed immediato per la valutazione di una massa epatica, ed è utile in particolare per definire l’invasione vascolare.
La TAC fornisce maggiori informazioni sulle caratteristiche e dimensioni della massa, sull’estensione nell’ambito epatico o extraepatico, ed è anche di importanza fondamentale per la valutazione delle metastasi polmonari.
Anche la MRI è utilizzata per definire al meglio le caratteristiche e l’estensione del tumore e, assieme alla TAC, ha reso obsoleta l’angiografia, un tempo comunemente utilizzata (Roebuck 2008).

STADIAZIONE

Il sistema di stadiazione utilizzato è il sistema PRETEXT (PRE-Treatment EXTent of disease) che si basa sulle caratteristiche del tumore dalle immagini diagnostiche (Roebuck 2007).
Il tumore primitivo è classificato in 4 gruppi PRETEXT definiti con i numeri romani da I a IV, in base all’estensione del tumore nell’ambito del fegato, che viene diviso in 4 sezioni: i tumori PRETEXT I coinvolgono solo la sezione posteriore destra (segmenti 6 e/o 7) o la sezione laterale sinistra (segmenti 2 e/o 3) e sono quindi quasi sempre resecabili alla diagnosi; i tumori PRETEXT II sono quasi sempre unifocali e confinati al lobo destro o sinistro del fegato; i tumori PRETEXT III coinvolgono 3 sezioni epatiche ed i IV tutte e 4 le sezioni: spesso la loro distinzione è difficile, ma è fondamentale per un eventuale trapianto di fegato, normalmente necessario solo per i pazienti in PRETEXT IV.

A parte la definizione dell’estensione del tumore, alcuni cosiddetti “annotation factors” devono essere considerati per completare la stadiazione e capire quindi la prognosi: il coinvolgimento della vena cava, delle vene sovraepatiche, della vena porta e dei rami portali (V,P), la presenza di malattia extraepatica (E), di metastasi (M), di tumore multifocale (F), di rottura (R).
Negli studi SIOPEL, sulla base del PRETEXT e degli “annotations factors”, i pazienti sono stati arruolati fino ad ora in due diversi gruppi di rischio: gruppo “standard risk”, caratterizzato da tumori confinati al fegato, coinvolgenti non più di 3 sezioni e senza “annotations factors”; gruppo “high risk”, caratterizzato da tumori PRETEXT IV, con o senza “annotations factors” e AFP inferiore a 100 mg/dl.

STRATEGIA TERAPEUTICA

Il trattamento dell’epatoblastoma è sicuramente migliorato nel corso degli anni, grazie all’utilizzo di cisplatino e doxoribucina, l’introduzione di nuove tecniche chirurgiche, in particolare il trapianto di fegato, e ad un lavoro cooperativo multidisciplinare.
Questo ha portato ad una attuale sopravvivenza del 70-80% dei pazienti.
L’asportazione del tumore è un momento cruciale del trattamento ed è un prerequisito per la cura del paziente. Gli studi SIOPEL hanno tradizionalmente favorito l’asportazione del tumore dopo il trattamento chemioterapico (Czauderna 2005), mentre negli studi nordamericani COG la chirurgia viene eseguita alla diagnosi almeno nei tumori che coinvolgono un lobo epatico (Meyers 2009).
La chemioterapia ha un ruolo fondamentale nella cura dei bambini con questo tumore.
Gli attuali protocolli dei maggiori gruppi di studio Internazionali hanno portato ad un importante miglioramento della sopravvivenza anche nel gruppo High risk (Table).
Molti pazienti tuttavia, manifestano gravi effetti tossici.

In Italia, il trattamento dell’HB ha seguito fino ad ora la filosofia del gruppo SIOPEL, che richiede una chemioterapia preoperatoria ed un intervento differito.
La chemioterapia cambia in base al gruppo di rischio: i pazienti “standar risk” seguono un trattamento con il solo cisplatino, mentre i pazienti “high risk” seguono un regime a 3 farmaci con cisplatino, doxorubicina e carboplatino.

I quattro maggiori gruppi di studio internazionali – International Childhood liver tumor strategy group (SIOPEL), Children’s Oncology Group (COG), German Society for Pediatric Oncology (GPOH) and Japanese Pediatric Liver Tumor Group (JPLT) – hanno tentato negli ultimi 10 anni di definire la relativa importanza di una serie di ulteriori fattori prognostici alla diagnosi o in risposta alla chemioterapia, ma tutto ciò è sempre stato reso difficile dall’esiguo numero di pazienti per ogni studio.
Per ovviare a tale problema, i vari gruppi si sono recentemente riuniti fondando il gruppo CHIC (Children’s Hepatic tumors International Collaboration), una iniziativa per mettere assieme i risultati dei vari trials degli ultimi 20 anni, aumentando in questo modo il potere statistico di tali risultati. CHIC ha portato così alla creazione di un database di 1605 pazienti, permettendo di identificare nuove variabili statisticamente significative, predittive dell’outcome. (Czauderna 2012).
Sulla base della collaborazione CHIC e di tali risultati, è stato sviluppato il nuovo protocollo di trattamento internazionale PHITT (Pediatric Hepatic International Tumor Trial) che sarà aperto in Italia nel 2018.