Scheda malattia

Le Neutropenie su base immune

La neutropenia del bambino è un evento relativamente frequente. In genere il fenomeno è lieve e limitato nel tempo. Occorre però essere pronti ad individuare le forme che nascondono patologie più impegnative.
Si definisce neutropenia un numero assoluto di neutrofili inferiore al valore minimo normale per l’età. Tale valore, nella razza caucasica, è 1000/mmc a 2 settimane – 1 anno di vita e 1.500/mmc nei bimbi dopo il 1° anno (1.800/mmc negli adulti). Se i neutrofili sono fra 1000 e 1500 la neutropenia è definita lieve, se fra 500 e 1000 moderata, se < 500 grave.

Le neutropenie su base immune possono essere sia auto- (Tabella I) che allo-immuni (Tabella II).

Tabella I. Neutropenie Autoimmuni

Neutropenia autoimmune primitiva dell’infanzia
Neutropenia autoimmune primitiva dell’adulto
Neutropenia autoimmune secondaria

Tabella II. Neutropenie Alloimmnuni

Neutropenia alloimmune primitiva del neonato
Neutropenia alloimmune del neonato secondaria a neutropenia autoimmune della madre
Transfusion related acute lung injury (TRALI)
Alloimmune neutropenia secondaria a trasfusione
Reazioni febbrili transitorie trasfusionali
Neutropenia alloimmune post trapianto di midollo

In ambito pediatrico le neutropenie su base immune a maggior frequenza sono quelle qui di seguito riportate.

NEUTROPENIA AUTOIMMUNE PRIMITIVA DELL’INFANZIA (AIN)

E’ la neutropenia più frequente in età pediatrica. L’età mediana alla diagnosi è intorno gli 8 mesi. La AIN compare quasi sempre sotto i 2-3 anni: sono rari gli esordi a < 1 mese di vita. La malattia si sviluppa in seguito ad una autoimmunizzazione contro uno degli antigeni dei neutrofili. E’ bene ricordare che gli anticorpi nella AIN sono diretti contro antigeni della membrana citoplasmatica e non hanno alcuna relazione con gli ANCA, diretti contro antigeni del citoplasma, con cui vengono a volte confusi. E’ una malattia in genere poco severa: si verificano infezioni gravi solo nel 10-20% circa dei casi. Frequentemente, per la riduzione dei neutrofili, si riscontra una lieve leucopenia. Monocitosi (> 1.000/mmc) si ha in circa 1/4 dei pazienti.
La risoluzione avviene in circa il 90% dei casi in 2 anni dall’esordio e nel 90-95% dei casi entro i 4-5 anni di vita. In un terzo dei casi la guarigione non è “improvvisa” ma con un periodo (che può durare anche molti mesi) in cui i neutrofili fluttuano sopra e sotto il limite di normalità.
La diagnosi è basata sulla dimostrazione di anticorpi antineutrofilo indiretti (liberi nel siero del paziente) ma il test presenta un elevato numero di “falsi negativi”, motivo per cui è spesso necessario ripeterlo più volte prima di avere una conferma diagnostica.
All’aspirato midollare nel 97% dei casi la cellularità è normale o aumentata e nel 50% circa i granulociti segmentati sono ridotti; nel 3% dei casi il midollo può essere normo o ipercellulare con un blocco maturativo a livello di mielocita o metamielocita (mai a livello di promielocita come nella Neutropenia Congenita Grave).
L’unica terapia da prendere in considerazione, e solo in caso di infezioni severe, è il fattore di crescita dei neutrofili (G-CSF) a dosaggio iniziale di 5-10 mcg/kg.
La neutropenia autoimmune primitiva può colpire anche gli adulti, dove solo di rado, però, si estingue nel tempo e dove le infezioni gravi sono più frequenti.

NEUTROPENIA AUTOIMMUNE SECONDARIA AD ALTRE MALATTIE AUTOIMMUNI

La neutropenia autoimmune secondaria è in genere una malattia più severa, dal punto di vista del decorso clinico e soprattutto delle possibili complicanze infettive, rispetto alla forma primitiva. La neutropenia può essere secondaria ad altre malattie autoimmuni ma anche ad infezioni, farmaci, trapianto di midollo, neoplasie etc. La neutropenia autoimmune secondaria più frequente (quella di cui ci occupiamo in questo paragrafo) è la forma che si accompagna ad altre manifestazioni/malattie autoimmuni.
L’età mediana alla diagnosi è intorno i 10 anni: sono rari gli esordi a < 3-4 anni di vita.
Può inserirsi nell’ambito di una Evans (anemia e/o piastrinopenia e/o neutropenia), accompagnarsi ad quadro autoimmune definito (LES, Sjogren, tiroidite autoimmune, artrite reumatoide giovanile, Felty, sclerodermia, epatite autoimmune, celiachia, diabete mellito) ovvero inserirsi in un quadro di autoimmunità sfumata e non ben definibile (artralgie, ANA positivi etc). Nella maggior parte dei casi c’è leucopenia con linfopenia e neutropenia. La guarigione spontanea è eccezionale. Viste le caratteristiche di maggiore gravità complessiva è non di rado giustificato l’utilizzo continuativo nel tempo del GCSF.
Qualora una neutropenia autoimmune isolata, specie se esordita dopo i 5-6 anni di vita, non tenda a guarire nel tempo, deve sorgere il sospetto che il paziente stia “incubando” una malattia autoimmune più a largo spettro.

NEUTROPENIA NEONATALE ALLOIMMUNE

In alcune gravidanze i neutrofili fetali, esponendo anche antigeni di origine paterna, sensibilizzano la madre, le cui IgG antineutrofilo, passando al feto, possono causare una neutropenia nel neonato.
La patologia è rara (< 1/2000 nati vivi), ma anticorpi contro neutrofili di donatori nel siero delle partorienti sono di riscontro frequente (circa l’1% delle gravidanze).
Le infezioni sono qui mediamente più severe che nella AIN e riguardano circa il 40% dei neonati (soprattutto onfaliti e infezioni cutanee). Il tempo di guarigione coincide con il tempo medio di clearance da parte del bambino degli anticorpi acquisiti dalla madre (in genere 1 – 4 mesi): visto il decorso limitato nel tempo e la non banale possibilità di complicanze infettive, l’utilizzo del G-CSF (qui a un dosaggio iniziale di 10 mcg/kg) può essere preso in considerazione anche in profilassi fino alla risoluzione della neutropenia; in alcuni casi di sorprendente inefficacia del G-CSF si sono dimostrate molto utili le immunoglobuline i.v. al dosaggio di 0.8 gr/kg.