Scheda malattia

Talassemia non trasfusione dipendente (NTDT)

La Talassemia Non Trasfusione Dipendente, precedentemente conosciuta come Talassemia Intermedia, è un’anemia congenita che non necessita di trasfusioni regolari e continuative. Trasfusioni occasionali possono essere necessarie per gestire eventi acuti che causano riduzione improvvisa del valore di emoglobina.  Complicanze più rilevanti legate all’anemia cronica, come il ritardo o l’arresto della crescita o della pubertà nei bambini, possono essere gestite con un regime trasfusionale temporaneo o continuativo. L’aspettativa e la qualità di vita sono molto elevate se vengono eseguiti i controlli necessari ad identificare precocemente tutte le complicanze conosciute, come ad esempio il sovraccarico di ferro, che, anche in assenza di regime trasfusionale regolare, può accumularsi in maniera patologica per aumentato assorbimento a livello intestinale.  Nuovi farmaci in grado di aumentare il valore di emoglobina sono attualmente in fase di sperimentazione con risultati molto promettenti.

DEFINIZIONE E EPIDEMIOLOGIA

Le “Talassemie” sono un gruppo di anemie congenite causate da ridotta o assente produzione di emoglobina. L’emoglobina è una proteina che si trova all’interno dei globuli rossi del sangue ed è deputata al trasporto dell’ossigeno dai polmoni a tutti i tessuti dell’organismo. In base alla gravità del quadro clinico e alla necessità di supporto trasfusionale continuo le talassemie vengono distinte in: Talassemie Trasfusioni Dipendenti e Talassemie Non Trasfusione Dipendenti (NTDT). Entrambe le forme sono causate dalla presenza di due mutazioni sui geni che codificano per le catene dell’emoglobina, ereditate generalmente da due genitori portatori sani (che hanno solo un gene mutato). Precedentemente definita Talassemia Intermedia, la NTDT presenta gravità clinica intermedia tra il quadro della talassemia trasfusione dipendente e il portatore sano e asintomatico del tratto talassemico. Le mutazioni sui geni dell’emoglobina sono molto frequenti nei soggetti provenienti dai paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, in Medio Oriente, in Asia e in India ma, in seguito ai flussi migratori e all’aumento di coppie con etnia mista, attualmente soggetti portatori e affetti da talassemia sono presenti in tutto il mondo.

QUADRO CLINICO E DIAGNOSI

La NTDT è caratterizzata da anemia (bassi valori di emoglobina) dovuta a varie mutazioni sui geni che codificano per le diverse catene dell’emoglobina, con quadri genetici molto vari. Tuttavia, questo ampio gruppo di malattie presenta un quadro clinico simile, caratterizzato da anemia lieve o moderata che non necessita di trasfusioni regolari. La diagnosi iniziale è possibile con esame emocromocitometrico ed elettroforesi dell’emoglobina che mostrano anemia microcitica (dimensioni ridotte dei globuli rossi) e aumento dell’emoglobina A2 e Fetale. L’analisi genetica sarà in grado di individuare le mutazioni causative di malattia.

TERAPIA CONVENZIONALE E COMPLICANZE LEGATE ALLA MALATTIA

I pazienti con NTDT possono richiedere supporto trasfusionale solo occasionalmente, in caso di riduzione importante dei valori di emoglobina o in condizioni di stress, come durante le infezioni, per rischio di sanguinamento, come in caso di interventi chirurgici oppure in situazioni particolari, come in gravidanza. Indipendentemente dal valore di emoglobina, un regime trasfusionale regolare può essere indicato quando si verificano alcune condizioni, come ad esempio riduzione o arresto della crescita e dello sviluppo puberale in bambini e adolescenti, ridotta tolleranza all’esercizio fisico, deformità ossee, riduzione del livello di emoglobina associato ad un incremento progressivo delle dimensioni della milza, scarsa qualità di vita. Il regime trasfusionale apporta una quantità eccessiva di ferro all’organismo che deve essere eliminato con farmaci ferrochelanti. Tuttavia, anche i soggetti che non ricevono trasfusioni regolari possono sviluppare sovraccarico di ferro, soprattutto nel fegato e nelle ghiandole endocrine, a causa di un eccessivo assorbimento del ferro a livello intestinale. E’ assolutamente raccomandato il controllo dei livelli di ferro nell’organismo, per prevenire le complicanze legate al suo accumulo. La ferritina è una proteina di deposito del ferro ed il suo aumento persistente indica livelli patologici di ferro dell’organismo. Diversi dati mostrano che valori di ferritina superiori a 800 ng/mL sono associati ad un maggiore rischio di sovraccarico di ferro a livello epatico e a disfunzioni endocrinologiche (tiroidee, sviluppo puberale e fertilità, etc..). Quando disponibile, andrebbe sempre eseguita una Risonanza Magnetica epatica in grado di quantificare la concentrazione di ferro nel fegato, che viene espressa come LIC (liver iron concetration). L’obiettivo fondamentale nei pazienti con NTDT è mantenere la LIC sotto i 5 mg di ferro, mentre valori superiori o pari a 15 mg indicano grave sovraccarico di ferro epatico e sono un fattore di rischio per complicanze cliniche rilevanti.

E’ indicato iniziare una terapia ferrochelante quando i valori di ferritina sierica sono persistentemente superiori a 800 ng/mL e/o se i valori di LIC sono superiori a 5 mg di ferro. La terapia ferrochelante va sospesa quando la ferritina scende persistentemente sotto 300 ng/mL e/o la LIC sotto i 3 mg di ferro. Durante la terapia ferrochelante è necessario controllare regolarmente la ferritina sierica e ripetere la risonanza magnetica ogni 1-2 anni per garantire una corretta gestione dei livelli di ferro nell’organismo.

Il farmaco ferrochelante autorizzato nella NTDT è il Deferasirox, attualmente disponibile in compresse dispersibili o rivestite, da assumersi per bocca una volta al giorno. La terapia ferrochelante assunta ogni giorno, ai giusti dosaggi e nel modo corretto è in grado di trattare il sovraccarico a livello epatico, ridurre il rischio di complicanze cliniche e permettere una buona qualità di vita dei pazienti.

Lo stato di anemia cronica e il sovraccarico di ferro possono essere in vario modo causa di alcune complicanze legate alla malattia. E’ stato dimostrato un maggior rischio di trombosi soprattutto nei pazienti adulti, che hanno subito asportazione chirurgica della milza (splenectomia), con aumentato numero di piastrine (piastrinosi) ed eritroblasti (globuli rossi nucleati), sovraccarico di ferro o durante la gravidanza. Per prevenire le trombosi può essere indicato un trattamento con anticoagulanti o antiaggreganti, come l’aspirina a basse dosi e, in alcuni casi ad alto rischio o con storia di trombosi pregresse, anche il regime trasfusionale cronico.

Altra complicanza è l’incremento delle dimensioni della milza (splenomegalia) che, soprattutto nei decenni scorsi, ha determinato l’indicazione alla rimozione chirurgica della milza (splenectomia). L’assenza della milza si associa, oltre ad un maggior rischio di trombosi, anche a rischio molto elevato di infezioni gravi ed i pazienti splenectomizzati devono ricevere tutti i vaccini raccomandati, assumere profilassi antibiotica quando prescritta e trattare in maniera aggressiva tutti gli episodi di febbre, come indicato dal centro di cura. Attualmente si raccomanda di non eseguire la splenectomia di routine, riservandola a casi molto selezionati, per evitare i rischi connessi a questa pratica.

I pazienti con NTDT possono sviluppare calcoli alla colecisti e manifestare ripetuti episodi di coliche biliari o presentare direttamente le complicanze più temibili come ittero colestatico e pancreatite. La presenza di calcoli biliari viene individuata con l’ecografia dell’addome e determina l’indicazione alla rimozione chirurgica della colecisti (colecistectomia), per evitare le complicanze potenzialmente molto gravi della mobilizzazione dei calcoli nelle vie biliari.

I pazienti con NTDT possono sviluppare, in una minoranza di casi, aree di proliferazione del tessuto eritropoietico (che produce globuli rossi) al di fuori del midollo osseo, tipicamente nel fegato e nella milza, con aumento delle dimensioni di questi due organi (epatosplenomegalia). Questo fenomeno si definisce eritropoiesi extramidollare, proprio per identificare la presenza di tessuto emopoietico al di fuori della sua sede normale, che è il midollo osseo. Le sedi in cui il tessuto eritropietico può proliferare in maniera incontrollata sono molteplici ma le aree paraspinali (adiacenti il midollo spinale, nella colonna vertebrale) sono particolarmente pericolose, per il rischio che le masse di tessuto eritriode possano comprime le fibre nervose e causare disturbi neurologici importanti. La diagnosi si raggiunge con la Risonanza magnetica che mette in evidenza masse di tessuto emopoietico, che per le loro caratteristiche, vengono definite pseudo tumori. Il regime trasfusionale regolare e terapia farmacologica con idrossiurea rappresentano la prima linea terapeutica ma, in alcuni casi gravi, essere necessario ricorrere a radioterapia o intervento chirurgico

NUOVE TERAPIE

Attualmente sono in fase di sperimentazione nuove molecole in grado di migliorare l’eritropiesi inefficace, cioè riducendo la quota di globuli rossi distrutti prematuramente già nel midollo. Si tratta di farmaci, ancora sperimentali, che si sono dimostrati efficaci nell’aumentare il valore di emoglobina di almeno 1 g/dL nella maggior parte dei pazienti studiati (78%) ed in più della metà di essi, si raggiungeva un aumento superiore a 1,5 g/dL. Altri studi sperimentali sono ancora in corso per confermare l’efficacia e la sicurezza di questi farmaci.