Scheda malattia

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Tumori cerebrali

EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO

I tumori del Sistema Nervoso Centrale rappresentano, per incidenza, la seconda neoplasia dell’età pediatrica dopo le leucemie; sono la neoplasia solida più comune.
Tra gli 0 e i 15 anni di età sono il 20-25% di tutte le neoplasie.
In tutto il mondo l’incidenza corrisponde a 2-3 casi/anno/100.000 bambini.
In Italia si ammalano ogni anno tra 400 e 450 bambini, negli Stati Uniti 2400 (Gurney GG). Un ulteriore numero di ammalati è determinato da patologie benigne e più rare come i craniofaringiomi, gli adenomi pituitari, i meningiomi benigni, i papillomi dei plessi corioidei che si aggiungono con un’incidenza di circa 0,7/100.000. Il 93% di questi tumori ha sede intracranica. Dati recenti provenienti da Europa, Australia, Stati Uniti, indicano che l’incidenza delle neoplasie del SNC è realmente aumentata negli ultimi due decenni (Baussano I; Smith MA).
Circa la metà dei tumori origina nella fossa posteriore e, tra questi il medulloblastoma, l’astrocitoma cerebellare, i tumori del tronco encefalico, l’ependimoma ed il tumore teratoide-rabdoide atipico rappresentano i tipi più frequenti. Le lesioni sopra-tentoriali sono altrettanto eterogenee.
Nella linea mediana possono insorgere inoltre il caniofaringioma, i gliomi delle vie ottiche, ed i tumori germinali. Nella regione pineale, oltre che i tumori germinali, insorgono anche pineoblastomi, pineocitomi ed astrocitomi. I tumori corticali sono solitamente gliomi di cui all’incirca i due terzi sono gliomi a basso grado di malignità.
Nei bambini al di sotto dei due anni di età possono trovarsi neoplasie più rare ad insorgenza corticale come come il ganglioglioma desmoplastico infantile, ed il tumore disembrioplastico neuro epiteliale.
Esistono un certo numero di sindromi familiari (Farrel CJ, 2007) che comportano una elevata incidenza di tumori del SNC, come la neurofibromatosi di tipo 1 e 2, la sclerosi tuberosa, la malattia di von Hippel-Lindau, la sindrome di Li-Fraumeni, e la sindrome di Turcot.
Altre sindromi genetiche che associano tumori del SNC sono l’atassia-teleangectasia e la sindrome del nevo-basocellulare (sindrome di Gorlin) causata da una mutazione costituzionale del gene PTCH sul cromosoma 9q22.3, di recente meglio studiata per l’incidenza di un particolare tipo di medulloblastoma iconograficamente e istologicamente riconoscibile per la presenza di noduli e la differenziazione gliale, e per la sua incidenza nella prima infanzia.
Tra i fattori eziologici non genetici un ruolo dominante ha sicuramente l’irradiazione del cranio.

ISTOLOGIA

Negli ultimi anni, le tecniche di biologia molecolare e citogenetica molecolare hanno avuto sempre maggiore peso nella identificazione di alterazioni genetiche tumore-specifiche e hanno influenzato la classificazione isto-patologica delle neoplasie e l’identificazione di marcatori molecolari di interesse prognostico o terapeutico. Nell’ambito dei tumori cerebrali pediatrici questi risultati sono limitati dalla esigua disponibilità di materiale biologico adeguato e solo recentemente sono state applicate le tecniche più raffinate di analisi genomica.
Per maggiori dettagli si rimanda a review specifiche.
I tumori del SNC vengono classificati sulla base delle loro caratteristiche istologiche. Tuttavia le recenti acquisizioni citogenetiche e bio-molecolari stanno avendo un ruolo sempre più rilevante nel fornire più precise informazioni diagnostiche e prognostiche.
La classificazione attualmente utilizzata è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO).
Si rimanda alla versione del 2016 (Louis DN, Perry A, Reifenberger G, von Deimling A, Figarella-Branger D, Cavenee WK, Ohgaki H, Wiestler OD, Kleihues P, Ellison DW. The 2016 World Health Organization Classification of Tumors of the Central Nervous System: a summary. Acta Neuropathol. 2016 Jun;131(6):803-20).
Le forme più frequenti sono: i gliomi, le neoplasie neuronali, le neoplasie embrionarie ed i meningiomi.
I Gliomi derivati dalle cellule gliali comprendono: astrocitomi, oligodendrogliomi, ependimomi e tumori dei plessi coriodei.
Gli Astrocitomi rappresentano neoplasie di derivazione astrocitaria in cui si riconoscono due categorie: le forme a basso grado di malignità e prognosi relativamente favorevole, che includono l’astrocitoma pilocitico, lo xantoastrocitoma pleomorfo e l’astrocitoma subependimale gigantocellulare, e le forme diffusamente infiltranti che, come sottolinea il nome, tendono ad infiltrare il tessuto cerebrale anche a distanza ed a progredire nel tempo verso gradi maggiori di malignità: questi comprendono l’astrocitoma diffuso, l’astrocitoma anaplastico ed il glioblastoma.
L’astrocitoma pilocitico (WHO grado I) insorge tipicamente nei bambini e in giovani adulti ed è localizzato in genere nel cervelletto ma può insorgere in altre zone del SNC quali il III ventricolo, le vie ottico/chiasmatiche e meno frequentemente nei gangli della base o il midollo spinale.
Lo xantoastrocitoma pleomorfo (WHO grado II) è un tumore che colpisce bambini e giovani adulti.
Insorge superficialmente, spesso interessando il lobo temporale con una storia di epilessia di lunga durata.
L’astrocitoma subependimale gigantocellulare (WHO grado I) è un tumore benigno a lenta crescita, che origina nella parete dei ventricoli laterali ed è composto da cellule grandi di aspetto gangliare con limitata attività proliferativi.
Esso è frequentemente parte del quadro sindromico della Sclerosi tuberosa, ma può presentarsi come patologia sporadica.
Astrocitomi diffusi e Glioblastoma. Questo gruppo mostra uno spettro progressivo di malignità che varia da forme ben differenziate di astrocitoma diffuso (WHO grado II) a forme meno differenziate ad alto grado quali l’astrocitoma anaplastico (WHO grado III) e il glioblastoma (WHO grado IV).
L’astrocitoma diffuso (grado II) colpisce prevalentemente gli emisferi cerebrali ma può insorgere, specialmente in età pediatrica, nel tronco cerebrale o nel midollo spinale.
L’astrocitoma anaplastico (WHO grado III) presenta una maggiore cellularità, un più marcato pleomorfismo nucleare e mitosi frequenti. Tuttavia necrosi e proliferazione vascolare sono assenti.
Il glioblastoma è la forma più maligna di neoplasia astrocitaria. Istologicamente è simile all’astrocitoma anaplastico con l’aggiunta della presenza di necrosi e proliferazione vascolare o endoteliale. In età pediatrica il glioblastoma ha caratteristiche biologiche peculiari.
Gli Ependimomi rappresentano il 10% dei tumori del SNC pediatrici. Essi derivano dal rivestimento ependimario ed insorgono in prossimità delle strutture ventricolari compreso il canale midollare spinale.
Nei bambini e nei giovani adulti hanno una localizzazione intracerebrale con una predilezione per il IV ventricolo. Negli adulti prevale la localizzazione intramidollare.
Tumori dei plessi corioidei. Sono neoplasie che derivano dalle cellule specializzate dei plessi corioidei deputate alla produzione di liquido cefalo-rachidiano. In età pediatrica insorgono prevalentemente all’interno dei ventricoli laterali.
Neoplasie neuronali e miste glioneuronali. Gruppo di neoplasie rare e con un decorso clinico generalmente favorevole. Si manifestano preferenzialmente in adolescenti o giovani adulti.
Sono neoplasie ben circoscritte che prediligono come sede il lobo temporale, il pavimento del III ventricolo o l’ipotalamo.
Istologicamente sono costituite da cellule neuronali mature (gangliocitoma) o associate ad una componente gliale (ganglioglioma). A questo gruppo appartengono anche forme più rare quali il neurocitoma, il tumore disembrioplastico neuroepiteliale (DNET), ed il tumore papillare glioneuronale. Spesso tali lesioni causano epilessia farmacoresistente di lunga durata.
Le Neoplasie Embrionarie derivano da cellule embrionali primitive. Insorgono tipicamente nei bambini, sono altamente maligne e quindi tutte identificate con il grado IV dell’WHO.
Istologicamente sono costituite da cellule indifferenziate di piccole dimensioni con scarso citoplasma. Tuttavia esse possono dimostrare vari gradi di differenziazione neuronale, gliale od anche mesenchimale. Le neoplasie embrionarie comprendono il medulloblastoma, quelli un tempo definiti i tumori primitivi neuroectodermici (PNET) del SNC, ed il Tumore teratoide/rabdoide atipico (ATRT).
Il medulloblastoma per definizione insorge nel cervelletto a livello del verme e meno frequentemente interessa gli emisferi cerebellari. E’ costituto istologicamente, nella variante classica, da cellule indifferenziate piccole, ipercromiche localmente positive per markers neuronali.
Accanto alla forma classica esistono varianti istologiche importanti ai fini prognostici: il medulloblastoma nodulare/desmoplastico e la forma ad estesa nodularità che si associano, specialmente nei bambini inferiori a tre anni, ad una prognosi più favorevole.
Le varianti a grandi cellule ed anaplastica sono, al contrario, particolarmente aggressive e spesso si presentano già disseminate all’esordio. Le alterazioni molecolari alla base del medulloblastoma sono quelle che interessano le vie molecolari coinvolte nella morfogenesi del cervelletto, in particolare la via di Sonic Hedgehog (coinvolta nel controllo della normale proliferazione dei granuli cerebellari) e quella di WNT (comprendente APC e beta-catenina).
La forma a grandi cellule/anaplastica è caratterizzata molecolarmente da amplificazione dell’oncogene CMYC.
I tumori primitivi embrionari non medulloblastoma e non AT/RT del SNC sono così definiti per distinguerli da quelli del sistema nervoso periferico che, pur sovrapponibili istologicamente, presentano caratteristici markers molecolari, insorgono prevalentemente a livello degli emisferi cerebrali, ma possono colpire anche il tronco ed il midollo spinale.
Il tumore teratoide/rabdoide atipico (ATRT) è una neoplasia embrionaria che predilige in egual misura la fossa cranica posteriore e gli emisferi cerebrali.
L’ATRT presenta un’anomalia molecolare principale altamente specifica che consiste nella mutazione/delezione del gene INI1 a livello del cromosoma 22q11.2.
Tumori della regione pineale. In tale gruppo di neoplasie, quelle che interessano particolarmente l’età pediatrica sono il pineloblastoma ed il tumore del parenchima pineale a differenziazione intermedia (WHO grado II/III).
Il pinealoblastoma (WHO grado IV) è un tumore embrionario altamente maligno composto da piccole cellule indifferenziate positive per i markers neuonali quali sinaptofisina, neurofilamenti e beta tubulina III.
I meningiomi insorgono prevalentemente in pazienti adulti ma possono insorgere anche in età pediatrica. L’alterazione molecolare più frequente nei meningiomi è la perdita del cromosoma 22 con delezione/mutazioni del gene NF2.
Nei pazienti affetti da neurofibromatosi di tipo 2, in cui tale gene e mutato a livello germinale, si ha un’elevata incidenza di meningiomi che spesso si presentano in sedi multiple.

INDAGINI DIAGNOSTICHE

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) è diventata lo standard diagnostico per i pazienti con sospette neoplasie del SNC ed è inoltre usata per valutare la risposta del tumore alle terapie.
La Tomografia computerizzata (TAC) è tuttora di grande importanza per valutare condizioni di emergenza quali idrocefalo, sanguinamenti, raccolte liquorali ed emorragiche o nella valutazione di lesioni calcifiche.
La RMN è sicuramente da preferire nelle altre situazioni in cui occorra una maggiore sensibilità ed è possibile l’acquisizione di immagini multiplanari senza perdere dettagli.
Gli agenti paramagnetici come il gadolinio permettono inoltre l’aggiunta di una valutazione con contrasto con rischi minimi di allergia. Tuttavia, malgrado sia molto sensibile e specifica, la RM non può determinare in modo definitivo diagnosi di patologia ed è comunque necessaria, a questo scopo, l’asportazione del tumore o la sua biopsia.
Il campo dello studio delle immagini attraverso RM sta cambiando rapidamente, comunque, con nuove tecniche che aumentano la specificità e riducono i tempi ed i costi dell’esame.
Ricordiamo che tempi brevi sono particolarmente importanti nei bambini dove è possibile ridurre la necessità di sedazione. La RMN è particolarmente utile nello stabilire la risposta al trattamento e nell’aiutare a porre la diagnosi.
In questi casi può essere di aiuto l’uso di tecniche di immagine di tipo metabolico come la PET (Positron Emission Tomography). I tumori maligni tendono ad essere ipermetabolici nel confronto con i tessuti circostanti mentre il tessuto necrotico mostra metabolismo ridotto. Una modalità diagnostica di recente uso e valutazione è la risonanza magnetica con spettroscopia.
La spettro-RM è disponibile nelle normali apparecchiature per RM e le aree di interesse possono essere valutate per metaboliti intracellulari differenziando la radionecrosi tardiva dall’effetto del tumore. Infine l’imaging diagnostico è di estrema importanza per guidare il chirurgo in resezioni senza danni.
Per la maggior parte dei tumori lo scopo della chirurgia è rimuovere quanto più tumore è possibile. L’asportazione del tumore con assistenza stereo- guidata al computer richiede che i dati raccolti con varie tecniche di imaging vengano integrati in un sistema tri-dimensionale capace di guidare gli strumenti operatori.
La rachicentesi è esame indispensabile, specialmente negli istotipi maligni, per definire la possibile disseminazione liquorale della malattia attraverso l’esame citologico del liquor e, attraverso la valutazione dell’esame biochimico, le eventuali disfunzioni della circolazione liquorale.
Può essere documentata iperproteinorrachia, presenza di cellule neoplastiche ed effettuato il dosaggio di marcatori specifici (i.e. antigeni oncofetali, diagnostici per le neoplasie germinali).

STADIAZIONE

Lo scopo principale della stadiazione è determinare la localizzazione del tumore, la sua estensione, le sue dimensioni e l’eventuale disseminazione subaracnoidea.
Per tutte le neoplasie maligne o potenzialmente tali la RM diagnostica deve comprendere anche lo studio del midollo con e senza contrasto. Il midollo dovrebbe essere preferibilmente valutato prima dell’intervento chirurgico al fine di evitare possibili falsi positivi.
La valutazione dell’imaging post-operatorio nelle prime 48 ore può fornire una valutazione adeguata del volume di tumore residuo che può avere significato prognostico e determinare la strategia terapeutica, mentre dopo i primi due giorni i cambiamenti post-operatori e la presa di contrasto vicino al letto tumorale possono rendere difficile l’interpretazione di un eventuale residuo neoplastico.
L’esame citologico del liquor al fine di definire le metastasi liquorali deve essere eseguito tramite puntura lombare ed è preferibile che questo venga fatto dopo due settimane dall’intervento chirurgico.
Le metastasi extracerebrali e linfonodali sono estremamente rare. Non esiste una classificazione in stadi unificata per i tumori del SNC.

STRATEGIA TERAPEUTICA

La scelta terapeutica dei tumori del SNC non è solo guidata dal tipo di neoplasia, ma anche dalla sede del tumore, dall’età del paziente e dai possibili effetti deleteri del trattamento su un sistema nervoso in evoluzione.
Il programma terapeutico comprende sempre la chirurgia primaria, se tecnicamente possibile. Un trattamento complementare con chemioterapia e/o radioterapia è effettuato sulla base dell’esito della chirurgia e del tipo istologico.
Le difficoltà diagnostiche e terapeutiche comportano la necessità di una pianificazione terapeutica decisa collegialmente da neuroradiologo, neurochirurgo, oncologo pediatra, patologo, radioterapista.
I trattamenti multidisciplinari hanno determinato in Europa un miglioramento della sopravvivenza a 5 anni dal 57% al 65% per i bambini trattati dal 1983 al 1994 con una riduzione del rischio di morte del 3% per anno ( Gatta G, 2005)
La chirurgia è indicata nella maggior parte dei casi ed è strumento indispensabile per l’accertamento diagnostico e può essere curativa. I bambini dovrebbero essere operati da chirurghi con particolare esperienza in neurochirurgia pediatrica.
L’indicazione chirurgica deve tenere conto della presenza di idrocefalo ed il suo trattamento dovrebbe sempre precedere il gesto chirurgico sulla massa tumorale.
L’idrocefalo può essere curato tramite sistemi derivativi o più recentemente tramite trattamento endoscopico. L’eventuale comparsa di idrocefalo post operatorio deve necessariamente imporre un trattamento adeguato tempestivo.
Regioni critiche come il tronco cerebrale, le aree corticali eloquenti, le vie ottiche, necessitano di un approccio combinato che associ la neurofisiologia, la stereotassi e l’imaging intraoperatorio al fine di ottenere una asportazione chirurgica adeguata con pochi danni neurologici definitivi.
I tumori (ad esempio quelli a cellule germinali) per cui una diagnosi può essere eseguita con criteri neuroradiologici e bioumorali possono non necessitare di approccio chirurgico se non in casi selezionati.
L’approccio chirurgico è il trattamento principale e, dalla qualità dell’exeresi può dipendere la prognosi del bambino.
Fattori limitanti l’exeresi chirurgica completa sono: alcuni istotipi (es gliomi di basso grado infiltranti strutture eloquenti) la disseminazione subaracnoidea, alcune sedi o la particolare estensione della neoplasia. L’exeresi radicale di un tumore della fossa posteriore è possibile nel 70-80% dei casi.
I miglioramenti tecnologici hanno ridotto la mortalità operatoria e le sequele neurologiche, così come la neuroanestesia e le neuro immagini hanno notevolmente migliorato i risultati a breve ed a lungo termine.
Il ruolo della radioterapia è quello di impedire le recidive locali e la disseminazione del tumore dopo il trattamento chirurgico. La radioterapia, per quanto ne siano da tempo noti gli effetti collaterali a lungo termine sul cervello nell’età dello sviluppo, rimarrà una modalità terapeutica efficace ed irrinunciabile, fino a quando trattamenti di tipo alternativo, complementari alla chirurgia, non avranno dimostrato la loro equivalente efficacia.
Attualmente, tutti i pazienti che sono destinati al trattamento radiante sul SNC dovrebbero essere trattati dopo l’attuazione di un piano di trattamento creato con un software in grado di utilizzare immagini tri-dimensionali con l’integrazione delle immagini di RM e TC.
Le tecniche di alta precisione hanno lo scopo di permettere la guarigione di bambini portatori di minori sequele.
La dose reale ricevuta ed il volume coinvolto dipendono da diversi fattori, come l’energia radiante del fascio utilizzato, le dimensioni e la forma del fascio stesso, la forma del cranio, l’accuratezza e la riproducibilità quotidiana della posizione del paziente, le dimensioni della fonte, la distanza tra fonte e paziente, l’uso di filtri, piombi, e la configurazione dei collimatori: tutto questo va considerato in dettaglio.
A seconda del tipo istologico, il volume da irradiare può corrispondere solo al letto tumorale stesso o al tumore assieme al nevrasse. L’irradiazione viene effettuata in frazioni giornaliere da 1,6 Gy a 1,8 Gy, 5 giorni alla settimana.
L’iperfrazionamento (più di una frazione al giorno con dose ridotta per singola frazione a 1-1,3 Gy ed intervallo di 6-8 ore) che è una tecnica non convenzionale attuata in studi clinici controllati, ha lo scopo di aumentare la dose radiobiologica efficace riducendone gli effetti collaterali sui tessuti sani. La possibilità di omettere e ridurre dosi e campi di radioterapia è legata al tipo istologico del tumore, alla sua estensione e alla risposta al trattamento farmacologico effettuato, e all’età del paziente.
Il trattamento impone un’immobilità assoluta, ottenuta di solito conquistando la fiducia del bambino con spiegazioni semplici e chiare ed eventualmente con l’ausilio di mezzi meccanici contenitivi.
Talvolta si ricorre a una premedicazione con benzodiazepine o fenotiazinici, eccezionalmente a una breve anestesia generale. Va ricordato che in linea di massima il tempo che occorre per attuare un trattamento radiante in un bambino è circa il doppio di quello necessario per un adulto.
Chemioterapia. I farmaci che passano più facilmente la barriera ematoencefalica sono liposolubili, si ionizzano poco e si legano poco alle proteine. La barriera non è comunque uniformemente intatta, ma esistono diversi gradi di discontinuità.
I farmaci più utilizzati sono le nitrosouree, la vincristina, la procarbazina, i derivati del platino, le epipodofillotossine, il methotrexate ad alte dosi, e altri antimetaboliti. Tra i farmaci occorre ricordare la temozolomide che ha una buona biodisponibilità se assunta per via orale ed è gravata da mielodepressione modesta.
Alcune variabili influenzano l’attività della chemioterapia. Esistono protocolli che fanno precedere la chemioterapia alla radioterapia il più precocemente possibile dopo la chirurgia nell’ipotesi che le alterazioni anatomiche postoperatorie possano permettere un passaggio migliore dei farmaci attraverso la barriera emato-encefalica.
L’uso degli steroidi sembra ridurre la penetrazione dei farmaci, mentre dosi elevate di radioterapia sembrano incrementare il trasporto transcapillare.
La chemioterapia intratecale e intraventricolare utilizza prevalentemente il methotrexate e la citarabina, ma anche l’etoposide ed il tiotepa sono somministrabili endorachide.
Una strategia per superare la barriera emato-encefalica consiste nel deposito diretto del farmaco all’interno del letto tumorale.
I farmaci possono essere depositati all’interno di “wafer” biodegradabili posizionati nel momento chirurgico: in un certo periodo di tempo il farmaco diffonde all’interno della neoplasia. L’instillazione diretta della chemioterapia è stata inoltre adottata nelle cisti recidive del craniofaringioma prima della loro asportazione o dell’irradiazione.
Biologico. La caratterizzazione di nuove vie di trasduzione del segnale, implicate nella genesi e progressione di tumori del SNC, ha dato origine ad una pletora di nuovi farmaci ed approcci terapeutici per quelle neoplasie che non rispondono ai trattamenti convenzionali.
I nuovi agenti coinvolti comprendono: inibitori specifici (small molecules), anticorpi monoclonali (mAb) e farmaci antiangiogenici.
La maggior parte di questi nuovi farmaci richiederà ulteriori sperimentazioni cliniche per stabilire sia il regime ottimale come singoli agenti o in combinazione, che per conoscerne il potenziale aggiuntivo o gli effetti sinergici.
Follow-up. Attualmente, oltre la metà dei bambini che si ammalano di tumori cerebrali ha la possibilità di guarire e di diventare adulto.
Tuttavia, il prezzo della guarigione è spesso elevato in termini di sequele che si manifestano in deficit neuro-cognitivi, endocrino-metabolici e dell’accrescimento somatico.
Gli aspetti di prevenzione, riabilitazione e correzione di tali deficit sono oggi parte integrante del piano terapeutico a cui questi bambini vengono sottoposti.

Problemi neuropsicologici. Il trattamento per tumore in età infantile determina una serie di alterazioni neurocognitive caratterizzate principalmente da deficit di attenzione, di memoria e rallentamento del processamento delle informazioni: queste problematiche determinano secondariamente una diminuzione del livello cognitivo (a 5 anni dalla diagnosi il 71% dei pazienti presenta un quoziente intellettivo-QI <70) e problemi di apprendimento in età scolare.
Lo sviluppo cognitivo dei bambini con esiti di tumore cerebrale può essere influenzato da due categorie di fattori: deficit causati dal tumore in sé e dalla sua localizzazione, deficit indotti dalle terapie che aggravano gli effetti secondari della patologia primaria.
La localizzazione del tumore è un fattore cruciale che causa deficit elettivi che dipendono dall’area coinvolta. I trattamenti oncologici (radioterapia e chemioterapia) possono contribuire alla determinazione di deficit neuropsicologici intellettivi complessi.
In particolare la radioterapia contribuisce alla comparsa di queste problematiche, che si manifestano in genere tre anni dopo la fine delle terapie, raggiungendo un picco dopo uno-tre anni, per poi mantenere un persistente andamento decrescente, seppur meno drastico.
La compromissione cognitiva appare decisamente più grave nei pazienti che hanno subito la radioterapia in età precoce; infatti, nonostante la plasticità cerebrale propria dell’età, nel bambino non sono ancora evolute le funzioni basiche che sono condizione necessaria di ogni ulteriore sviluppo.
Ai danni immediati del tumore cerebrale (sede/dimensione/istologia della neoplasia), quindi, si aggiungono danni a lungo termine dovuti all’impatto degli interventi oncologici su un sistema in evoluzione che possono determinare un ritardo negli apprendimenti.
I principali fattori di rischio sono: tipologia e sede del tumore cerebrale, danni conseguenti all’intervento neurochirurgico, idrocefalo, età al momento della diagnosi, radioterapia, chemioterapia, crisi epilettiche, compromissione sensoriale e motoria, sesso, fase di sviluppo delle strutture cerebrali, sviluppo funzionale cognitivo, stimolazione ambientali ricevute.
Per inquadrare questi problemi e conseguentemente individuare eventuali bisogni riabilitativi è necessario procedere con la raccolta anamnestica dei dati clinici relativi al periodo pre-perinatale alle tappe di acquisizione dello sviluppo psicomotorio, al curriculum scolastico, alle capacità sociali e all’ambiente socio-culturale.
I dati anamnestici relativi al periodo pre/peri/post intervento neurochirurgico permettono di quantificare gli eventi di tipo medico occorsi prima della diagnosi di neoplasia cerebrale, i deficit neurologici preesistenti, gli eventi perioperatori e postoperatori.
Sono inoltre indispensabili la valutazione clinica con esame neurologico, fisiatrico, oculistico e otorinolaringoiatrico; tra gli altri test la valutazione dell’outcome e della qualità della vita; la PPSC (Play Performance Scale for Children (Lansky, 1985); la FIM (Functional Indipendence Measure) e Wee-FIM Scales (Functional Indipendence Measure for Children) (Granger, 1987; Hamilton, 1991).
Nello specifico la valutazione delle funzioni cognitive deve essere effettuata mediante applicazione di test standardizzati che consentono la comparazione delle prestazioni a differenti età ed una associazione tra i risultati e danno di specifiche aree cerebrali.
Per i pazienti in età scolare è necessario analizzare anche le competenze scolastiche, con valutazione della lettura, della scrittura e delle abilità matematiche; le prove da somministrare devono essere individuate in base alla classe frequentata e al livello cognitivo del paziente.
Al termine della valutazione, in base ai deficit rilevati delle funzioni neuropsicologiche e delle abilità scolastiche, possono essere individuati gli obiettivi prioritari e le tecniche di intervento di un eventuale programma riabilitativo.

Le conseguenze psicologiche e comportamentali. I problemi psicologici e comportamentali in pazienti che hanno subito interventi per tumore cerebrale in età evolutiva sono prevalentemente caratterizzati da disturbi quali ansia e depressione, con una tendenza al ritiro, alla chiusura e all’isolamento relazionale ed una conseguente compromissione dell’adattamento e della competenza sociale.
Raramente e quasi esclusivamente in fase di trattamento oncologico e in età molto precoci, si osservano distorsioni comportamentali quali aggressività e comportamenti oppositivi.
La valutazione di questi problemi, operata con diversi strumenti di valutazione, ha permesso di identificare una frequenza molto variabile che va dal 25% al 93% dei casi (Bloom et al. , 1969; Hirsch et al., 1979).
L’eziologia dei disturbi psicologici e comportamentali è ancora incerta e certamente multifattoriale: si manifestano come conseguenza indiretta della patologia stessa, ovvero come reazione psicologica alla diagnosi, ai trattamenti o ad altri eventi dolorosi legati alla malattia.
Diversi fattori, alcuni più strettamente demografici (sesso, età, età all’insorgenza della malattia, fattori familiari e sociali) e altri più strettamente clinici (sede e tipo di neoplasia, trattamenti oncologici, limitazioni e problematiche residuate), così come le caratteristiche psicologiche premorbose del bambino e dei suoi familiari, possono concorrere alla definizione del quadro psicologico di ogni paziente.
Anche la comunicazione al bambino riguardo alla diagnosi e, più genericamente, alla malattia e la sua conseguente consapevolezza al riguardo concorrono e in maniera importante, insieme ai diversi fattori dapprima considerati, all’insorgenza e alla definizione dei problemi psicologici e comportamentali individuati.
La valutazione dei problemi psicologici viene effettuata sia mediante osservazione del comportamento spontaneo che somministrazione di scale standardizzate.

Le alterazioni endocrine nei pazienti pediatrici portatori di tumori cerebrali primitivi. Le alterazioni di pertinenza endocrinologica sono frequenti, possono insorgere precocemente ed interessare numerosi sistemi endocrini e differenti metabolismi.
Il manifestarsi di una particolare endocrinopatia dipende da fattori diversi che includono la sede e la velocità di crescita della neoplasia, le terapie antineoplastiche instaurate e le eventuali patologie associate e concomitanti.
In breve, le neoplasie che originano lungo la linea mediana si accompagnano a deficit endocrini più estesi e marcati. Tipico in questo senso è il manifestarsi di diabete insipido come segno d’esordio di neoplasie germinali e del craniofaringioma.
Al contrario, le neoplasie sovratentoriali difficilmente comportano alterazioni endocrine e, in questi pazienti, le endocrinopatie sono per lo più secondarie ai trattamenti, mentre i frequenti deficit ormonali che si osservano nel caso di neoplasie della fossa posteriore (medulloblastoma, ependimoma) sono quasi esclusivamente conseguenza delle terapie adottate: in primo luogo, della radioterapia, ma come di recente evidenziato, anche del tipo di approccio chirurgico e delle possibili alterazioni vascolari e neuroendocrine ad esso secondarie.

Direzioni future. Gli studi di oncogenomica stanno caratterizzando numerosi bersagli molecolari che potranno essere utilizzati, nel futuro prossimo, per allestire terapie mirate con nuovi farmaci specifici che possiedono una maggior selettività tumorale e quindi riducono la tossicità dei chemioterapici convenzionali.
L’avvento di nuovi agenti antitumorali avrà inoltre importanti conseguenze sulle terapie personalizzate ed il monitoraggio dell’espressione genica darà nuove informazioni su molti aspetti di tumori aggressivi come i gliomi maligni, i medullublastomi e gli ependimomi.
Lo sviluppo di nuove molecole antitumorali sarà probabilmente accelerato sia dalla caratterizzazione di nuovi bersagli farmacologici che dalla selezione di pazienti con specifici profili di espressione genica tumorale.

Fonti e bibliografia

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